di Alvaro del Portillo Bedregal, Console Generale di Bolivia
Il continuo e crescente prevalere del materialismo pratico da anni desta serie preoccupazioni per il futuro della società fortemente colpita nei suoi valori autentici, come quelli della famiglia ed indi dell'uomo, quale destinatario dell'agire sociale: un problema che tra gli intellettuali ed i pensatori più impegnati affiora nell'ultimo decennio marcatamente di fronte al vorticoso aumento della povertà e dell'emarginazione di larghe fasce sociali. Alcuni con grande coerenza hanno saputo varcare i confini patrii ed approdare altrove con un pensiero che identifica l'uomo come tale, l'uomo con la propria dignità e volontà partecipativa, senza colori né bandiere. Coloro che hanno avuto la sorte di conoscere Pier Luigi Zampetti hanno condiviso il suo pensiero, che ci accomuna senza frontiere e ci porta verso i valori essenziali di convivenza nella società: la solidarietà e il rispetto dei diritti fondamentali dell' "altro". In America Latina il pensiero del Professor Zampetti e la sua opera, "La democrazia partecipativa", da anni sono considerati come opera fondamentale di una nuova via per il superamento delle abnormi disuguaglianze provocate prima dalle dittature militari e poi rinnovate da un estremo liberismo economico, imposto da riforme strutturali poco avvedute e lontane dalla realtà. Zampetti da decenni aveva studiato il problema della partecipazione dell'individuo, cittadino, non solo dal punto di vista economico ma da quello culturale: "un problema -come egli diceva - di grande ampiezza e portata che riguarda tutti i settori della società ed apre orizzonti sinora sconosciuti”. Egli si valse del concetto di "transizione" per traslare da una realtà ad un' altra, intravide la necessità del trasferimento dalla cosiddetta democrazia rappresentativa ad una nuova via partecipativa. Nel collocare quella rappresentativa, generata prima nel contesto Europeo e poi diffusa nel Mondo come espressione meramente politica, pose il problema della crisi che si sta verificando nell'attuale sistema, in quanto non più aderente alla realtà dei tempi. Parlare ancora di stato democratico rifacendosi alla democrazia rappresentativa e voler negare la realtà perché quest'ultima è ormai condizionata anche dal valore economico, o ancor più specificamente dal potere economico, sarebbe rifiutare il vero. Sebbene siffatta democrazia agisca in uno Stato ove il governo opera in nome del popolo, i fattori di resa economica e il concetto dell'utile hanno prevalenza sul fattore uomo. Infatti tale prevalere del fenomeno economico non soltanto ha beneficiato le istituzioni o enti pubblici o para-statali ma, non di rado, coloro che molte volte detengono il potere. Difatti Zampetti sostenne che il mondo assiste al diffondersi degli scandali riferiti a finanziamenti illegali per consolidare il potere di alcuni, osservando che se fosse un problema soltanto di politica sarebbe bastato cambiare i protagonisti; ma ciò non è vero, perché il problema si sposta in senso trasversale, in senso prevalentemente economico. D'altronde, anche Galbraith sottolineava la simbiosi tra sistema economico e politico, distinguendo tra economia di mercato, disgiunta dalla politica, ed economia programmata, legata ai gruppi di potere economico nonché al sistema politico. Zampetti considerava che 1'insorgere del cosiddetto ”welfare state”, seguito dalla manovra sulla spesa pubblica, avrebbe determinato continue interferenze tra i gruppi economici, cioè le lobbies, e il sistema politico, fatto che avrebbe condotto ad una dipendenza dal sistema economico. Da tali considerazioni ne discende che un sistema formalmente democratico potrebbe diventare sostanzialmente oligarchico, cioè dipendente dalla determinazione del vertice senza che la volontà degli elettori abbia trascendenza. Tale dualismo tra la volontà popolare che istituisce la democrazia rappresentativa e quella dei rappresentati che esercitano il potere quotidianamente diventa sempre più critica. Crisi dal carattere irreversibile, poiché l'uomo non soltanto può essere considerato come semplice elettore, ma altresì come essere sociale, perciò tessuto della società, delle comunità, ad incominciare da quella famigliare. Comunità quale unità di dimensioni umane: economiche, sociali, politiche, morali, religiose, biologiche e via dicendo. Comunità che forgia il tessuto sociale e che non può estrinsecarsi in una determinazione temporanea provvisoria, come può essere il voto “una tantum”, ma nella partecipazione alla determinazione vera e propria. La distinzione tra l'esercizio del voto e l'esercizio del potere è fondamentale per il futuro dei popoli e per il mantenimento dei valori della giustizia e della dignità sociale. Zampetti diceva: "se considero l'uomo nella sua integrità, nella nozione di popolo entra la comunità come soggetto attivo". Rifacendosi alla dottrina sociale della Chiesa egli faceva menzione della soggettività della società, concludendo che la sovranità popolare è dovuta all'incontro tra due soggettività: quella dei singoli individui, elettori, e quella dei soggetti sociali, che partecipano all’esercizio del potere. Pertanto la sovranità nasce dall'incontro dell'integrazione tra entrambe le soggettività. Si può desumere perciò che la democrazia partecipativa è il tessuto della società unito da vasi comunicanti nei quali l'uomo inietta le proprie determinazioni e valori. Per cui la democrazia partecipativa fonda le proprie strutture sociali sull'uomo, considerato nell'unità delle sue dimensioni. Lo Stato a partire dall’uomo e non l'uomo a partire dallo Stato. In altri termini con la democrazia partecipativa passiamo dalla concezione statalista, ove lo Stato prevale sulla società, ad una concezione nella quale lo Stato passa al servizio della società. In sintesi, il professor Zampetti ravvisa nella democrazia partecipativa non più un governo in nome del popolo (democrazia rappresentativa) ma un governo del popolo. Queste considerazioni, analizzate con ponderazione, sono da più di un decennio oggetto di approfondimento in America Latina, dove Pier Luigi Zampetti gode di un alto riconoscimento accademico e politico. Una personalità che ha lasciato un segno autorevole, la cui preoccupazione è stata quella di riconoscere la dignità umana e la giustizia sociale, senza protagonismo, ma con la passione e l'autentico rispetto dell'individuo e dell'unità degli uomini. Zampetti era per noi, latino-americani, un pensatore che coincideva con il proposito di costruire le fondamenta di una società più equa, solida e duratura e non le basi per l’arricchimento di pochi, per secoli dominanti, che ha portato il Continente ad un reale impoverimento. La Bolivia già dal ritorno alla democrazia, nel 1982, aveva intrapreso la via della partecipazione popolare, poi raggiunta legislativamente, dopo un decennio di consolidamento della legalità. Un passaggio difficile che ha dovuto sottostare alle cosiddette riforme strutturali ed alle regole degli organismi finanziari internazionali. Un cammino ancora lungo e tortuoso che ha bisogno di minor dipendenza dai capricci delle lobbies economiche transnazionali e di maggior comprensione internazionale. Nelle lunghe conversazioni con l'amico Pier Luigi Zampetti abbiamo avuto conferma che la terza via è possibile e che i valori dell'uomo non possono né devono essere disconosciuti. Zampetti ha lasciato un'eredità che arricchisce coloro che si dibattono nelle privazioni e dà speranza per un mondo più giusto. Alvaro del Portillo Bedregal Console Generale di Bolivia