Ti trovi in: Zampetti

Riflessioni da “Il Vangelo di mia mamma”

di Giovanni Zampetti

Queste riflessioni evangeliche spaziano in un ampio settore: riflessioni sulla morte, sulla vita interiore, sulla vera ricchezza e sulla vera povertà, sull’umiltà, sulla preghiera, sullo Spirito Santo, sulla passione di Gesù, sulla maternità universale di Maria

                                                  

 Negli ultimi anni di vita della mamma, PierLuigi era solito, ogni sera, leggere e commentare con lei brani del Vangelo ad apertura di libro e tale lettura e commento suscitavano in lei le vibrazioni intense dello spirito proprie di chi riconosceva nel testo evangelico il decorso della sua esistenza. Tuttavia l’ispirazione che a lui dettavano le parole era il riflesso di una   sua propria profonda sensibilità interiore che animava il suo vissuto quotidiano e costituiva altresì la base su cui si sviluppava il suo pensiero di studioso.

                                

Per cui nel volume: “Il Vangelo di mia mamma” che mette insieme tali momenti di raccolta meditazione, si alternano riflessioni derivanti dalla valutazione di aspetti negativi della società e come essi potrebbero essere idealmente corretti, a livello della cellula   da cui la società stessa deriva, cioè della famiglia, alla luce di comportamenti visti da un profilo spirituale improntato al Vangelo ed esemplificati dalla figura della mamma vista nel suo agire quotidiano e nel suo ruolo di educatrice.

                                        

Scrive l’Autore: La famiglia è il seminario dello Stato, è la sua base portante. Come meravigliarci se lo Stato diventa impotente a regolare i fenomeni della vita sociale, se i delitti si molti­plicano, se la violenza è divenuta cronaca giornaliera, se la criminalità sta oltrepassando i livelli di guardia! Ed è proprio sulla famiglia che dobbiamo puntare per reintegrare il tessuto dell'intera società, che si è venuto corrodendo fino al punto di sfilacciarsi e di scompaginarsi a vista d'occhio.

           

Tuttavia, se osserviamo in generale e in particolare la famiglia, notiamo la profonda crisi in cui si essa stessa si dibatte. o per meglio dire le molteplici patologie di cui soffre ( svalutazione del profondo significato del matrimonio , mancanza del senso di responsabilità, facili divorzi, coppie di fatto, aborti, matrimoni omosessuali, ecc.) e che la differenziano da una sana famiglia normale dove esistano un padre e una madre in accordo tra di loro in un clima famigliare con i figli   che si mantenga sereno e costruttivo nonostante le inevitabili scaramucce del vivere quotidiano.

                                        

Ma altri fattori che vanno ancor più in profondità stanno alla base della crisi della famiglia: assenza di valori, materialismo, egoismo e, più in generale, carenza di una visione spirituale della vita. Da questo nasce un atteggiamento comportamentale che poi si riflette nella società   e che si riferisce all’involgarimento dei costumi, dei linguaggi e al decadimento del senso etico che dovrebbe informare la vita in tutti i suoi settori, sociale, politico, economico.

                                 

Quindi crisi della società sì ma anche, e prima ancora, crisi profonda della famlglia che la sostiene. Analizzando con attenzione il problema, notiamo come un perno fondamentale di una sana economia famigliare sia rappresentata dalla figura materna non solo nel ruolo di colei che genera una vita come fatto biologico ma che abbia una coscienza profonda del suo ruolo, inteso come mis­sione educativa da svolgere riferendosi, in particolare, alla propria madre. Ed ecco quindi lo scopo del libro:   descrivere la vita di una mamma normale ma che ave­va la consapevolezza di tale compito di educazione integrale: “Quando parlo del Vangelo di mia mamma - scrive l’Autore -   non intendo il Vangelo commentato ma il Vangelo vissuto”.

                                                      

Educare gli altri significa trasmettere valori che si sono coltivati in prima persona, valori in cui si crede e che si vivono in prima persona. Le esemplificazioni svolte sono numerose. Vincere per esempio il proprio egoismo con lo spirito di sacrificio e la generosità che da esso scaturisce vuol dire vincere se stessi , rinunciando molte volte alla propria volontà non già per passiva inerzia ma per salvaguardare, al meglio, l’equilibrio famigliare.

                                                              

A tal proposito scrive:

Ed entriamo così a riflettere su un altro punto che è stato una caratteristica costante dell'intera sua vita. La ri­nunzia a fare la propria volontà. È questa una condizione essenziale perché una famiglia trovi il suo equilibrio, co­struisca il suo tessuto connettivo, senza lacerazioni che impediscano alla medesima di prosperare e di svilupparsi. Escludo il punto estremo di rottura dell'equilibrio: la se­parazione o il divorzio. Sono due volontà particolari chiu­se in loro stesse. Non riescono ad accordarsi perché ciascu­no vuoI rimanere se stesso. Per incontrarsi con l'altro, es­sere a lui solidale, ciascuno deve rinunciare a una parte di se stesso. Certo, ci sono vari gradi di rinuncia che differiscono da caso a caso. Ma una cosa è certa. Senza la rinuncia a se stessi, anche se in piccola parte, non esiste la co­munità famigliare. Il termine comunità e di per sè significativo è superamento della particolarità. Ma non si giunge dal particolarismo del proprio io alla comunità familiare, cioè alla fisiologia della famiglia, senza una qualche rinuncia di se medesimi. È inutile voler ricorrere a scappatoie, forme di giustificazione. Non si supera il particolarismo che, alla fin fine è il proprio egoi­smo, senza uno sforzo, senza spirito di sacrificio.
Ed ecco l’ispirazione evangelica che giustifica lo spirito di rinuncia:
  «Chi vuoi seguirmi prenda la sua croce e mi segua» (Mt. XVI, 24) E ogni sacrificio si adatta alle spalle di ciascuno. La croce è “ad hominem", ma sempre croce: non si arriva al dono di sé se non per gradi, per l'emergere, passo a passo, del sacrificio e della generosità. È un termine, il sacrificio, che è quasi scomparso dalla no­stra società, dove l'edonismo ha cercato almeno sul piano esterno (ma purtroppo non soltanto su di esso) di fame scomparire addirittura la traccia.
***
La lettura dei brani evangelici alla luce della vita della mamma mette in luce spunti di crescita personale   che si ripercuotono a livello di   beneficio famigliare e di trasmissione educativa , ad esempio nella conciliazione tra la vita dello spirito   e la vita pratica che si traduce in una sana gestione di politica famigliare che però è alimentata dal vissuto spirituale.       
                                                              
Viene preso in considerazione l’episodio evangelico di Marta e Maria dove si nota il contrasto tra l’aspetto   contemplativo proprio di Maria e lo spirito pratico tipicamente casalingo di Marta, per mettere in evidenza   come nella mamma si alternassero questi due differenti comportamenti senza soluzione di continuo.
Non c'era, nella mamma, contrasto tra Marta e Maria. Era lo spi­rito con cui vengono fatte le cose a differenziare Marta da Maria. Quando si occupava della casa e di tutti i suoi problemi, quando sembrava in un certo senso assorbita dalle occupazioni che la facevano arrivare alla sera molto stan­ca, in realtà se ne occupava con lo spirito di Maria. Anche quando accudiva alle mansioni di casa era ancora Maria. Serviva il Signore, Lo amava ancora di più. Proprio perché nel lavo­ro sentiva l'arricchimento del suo spirito. Così riviveva e capiva profondamente quel passo del Vangelo. Il commento era l'intera sua giornata che era una giornata dedicata tutta quanta al Signore. Al punto di escla­mare: la mia chiesa è la mia casa, la mia casa è la mia chiesa. Non c'era per lei distinzione al­cuna se non per la presenza sacramentale di Gesù. Nella casa continuava il suo dialogo con Dio che aveva iniziato di buon mattino davanti alla sua presenza sacramentale. Aveva trasferito la sua casa nella casa del Signore.
                                        
La riflessione si trasferisce su quello che potrebbe essere un orientamento di vita per le mamme cristiane che vogliono vivere alla luce del Vangelo la propria vita: Marta sì ma con lo spirito di Maria: altrimenti si può spezzare quella sottile ma vivificante armonia   che dovrebbe essere presente nella famiglia.
Le Marte sono le madri di famiglia che tutte prese dalle cose esteriori, dimenticano quella più importante. E non s'accorgono che le cose esteriori sono vuote, insipide se non sono sorrette dall'afflato dello spirito umano. Le madri di famiglia che assomigliano soltanto a Marta non possono trasformare la loro casa in casa del Signore, non possono conquistare l'interiorità dei loro figli, non possono costruire un nucleo familiare fondato sull'educazione pro­fonda dell'essere umano. Sono case, le loro, in cui predo­mina l'avere, non l'essere, e quindi sono case costruite sulla sabbia, non sulla roccia, destinate al primo attacco della bufera ad essere travolte .La casa di Maria, la casa del Signore, è destinata a di­ventare sempre più solida. Qualsiasi bufera, per quanto grande essa sia, non è in grado di travolgerla. La vita attiva non ha come simbolo Marta. Maria è il simbolo di chi vuoI fare la volontà del Signore, di chi ascolta il Signore (ecco la Maria!) in qualsiasi situazione si venga a trovare.
***
Alla luce di riflessioni evangeliche vi è una originale interpretazione della parabole dei talenti sempre prendendo spunto dalla figura della mamma che esprime i talenti nel suo sforzo educativo di formare e di plasmare i propri figli non soltanto cercando di trarre e di sviluppare le loro potenziali capacità e doti naturali   ma inserendole, in un contesto collegato al mondo dello spirito e, in particolare, del corpo mistico.
Scrive infatti:
La persona umana può essere splendente od opaca a seconda del nostro modo di com­portarci, a seconda dei talenti o doni che abbiamo ricevuto e che si potenziano nella misura in cui diamo agli altri con slancio e generosità.
Qui siamo ancora in un contesto puramente naturale. Ma ecco il riferimento evangelico:
Non dimentichiamo che noi siamo persone in pienez­za perché Gesù Cristo, la seconda persona della Santissima Trinità, si è incarnato e fatto uomo. E Cristo è proprio il Capo del corpo mistico che è comunità di persone. Dob­biamo considerare i talenti non a sé stanti, ma nell'ambi­to del tessuto connettivo. Siamo membri del corpo mistico e avvolti dal corpo mistico.
                                       

I talenti vanno considerati nell’ottica evangelica non solo come qualità o doti che si posseggono ma qualcosa che si dona, in tal modo moltiplicandosi:

Pensiamo alla moltiplicazione dei talenti di una ma­dre di famiglia, dal momento in cui genera una creatura al momento dell'educazione. Si tratta di una moltiplicazione progressiva continua. Più la mamma dà, più può vedere e raccogliere i risultati dell'impiego dei suoi talenti.
E mi riferisco alla mamma di famiglia, perché è il cen­tro del nucleo familiare. I figli a loro volta, plasmati dai talenti della madre e divenuti depositari di nuovi talenti, sono chiamati a moltiplicarli. La mamma quindi è la gene­ratrice oltre che della vita, che è già un grande talento, dei talenti che attraverso la formazione e l'educazione svilup­pano e arricchiscono la vita stessa.
La parabola dei talenti trova nella famiglia il suo più grande supporto. Più si moltiplicano i talenti nella famiglia, più la società sarà rigogliosa in tutti i suoi aspetti. Più i talenti saranno sotterrati e non verranno moltiplicati, a cominciare da quelli che deve dispensare la madre di famiglia, più la società sarà pervasa da profonda corrosione che la porta a dissol­versi. È esattamente quanto accade oggi, specie nel mondo occidentale, attratto unicamente dal benessere economico e materiale e dimentico della ricerca dei veri valori che sono quelli dello spirito. Senza il suo seminario (la fami­glia) lo Stato subisce la crisi più grande che abbia avuto dal suo sorgere nel mondo moderno. E non dovremo mera­vigliarci se manifesta dappertutto la sua impotenza e inca­pacità. In Italia sta addirittura andando in pezzi.
La famiglia è quindi il termometro della società e del­lo Stato. Ed è dalla famiglia che dobbiamo ripartire per far ritornare i valori nella società e nello Stato, dove sono stati quasi completamente dimenticati o, peggio, soppressi.
***
Gli spunti finora descritti, relativi alla famiglia, sono solo una parte delle riflessioni evangeliche che spaziano in un ampio settore: riflessioni sulla morte, sulla vita interiore, sulla vera ricchezza e sulla vera povertà, sull’umiltà,   sulla preghiera, sullo Spirito Santo, sulla passione di Gesù, sulla maternità universale di Maria. Tali spunti, che trovano nella mamma un esempio di vita vissuta, mettono altresì in risalto la ricchezza e la profondità spirituale di PierLuigi che tuttavia semplicemente e umilmente conclude:
 Io sono stato un semplice espositore: la vera e umile stimolatrice nella ricerca della verità e della luce del Vangelo era lei. La descrizione dei tratti essenziali della vita di mia mamma che è quella di tante altre mamme umili e sconosciute mi ha consentito di penetrare sempre di più in quel pozzo senza fondo, senza confini racchiuso nel Vangelo. Si tratta di un Vangelo attualizzato che si inserisce nella vita quotidiana fatta di tante piccole cose, ma ricca della presenza di Dio che ci ha invitati a fare la sua volontà, ad abbandonarci umili e fiduciosi a lui per l’avvento del suo regno.
Giovanni Zampetti
 

Powered by Stefano Matuonto